Sono lontani i tempi del VaffaDay e la raccolta firme per il “Parlamento Pulito”. A distanza di 10 anni, il Movimento 5 stelle cambia pelle. Entrare nelle amministrazioni e sporcarsi le mani pesa sulla tanto decantata e utopistica illibatezza della fedina penale. I tanti avvisi di garanzia, da Virginia Raggi a Chiara Appendino, fino al sindaco di Bagheria e diversi altri sindaci a 5 stelle, rivoluzionano il nuovo codice etico appena lanciato dal blog di Beppe Grillo. Un avviso di garanzia non basterà più per fermare una candidatura. Dunque ci si potrà presentare da indagati.
Ma non è l’unica novità. Archiviata la regola che vietava le alleanze con altri partiti, per i neo parlamentati stellati infatti viene introdotto l’obbligo di votare la fiducia ai governi guidati dal Movimento, pena l’espulsione. Espulsioni e dissenso, che però hanno un costo salatissimo per i neoparlamentari. Il nuovo codice infatti introduce anche una sorta di vincolo di mandato. Ci sarà una penale di ben 100 mila euro per chi, una volta eletto in Parlamento, scegliesse di lasciare il gruppo stellato. Quindi, o si rispettano le direttive della triade Grillo/Casaleggio/Di Maio, o si paga il prezzo della libertà, quantificato univocamente in euro 100 mila. Chissà se iva inclusa. Con buona pace dell’articolo 67 della Costituzione, pur tanto strenuamente difesa in occasione del referendum costituzionale del 2016. Ricordiamo che l’articolo 67 venne infatti concepito dai padri costituenti per garantire la libertà di espressione a tutti i parlamentari della Repubblica. Dove il legame tra eletto ed elettori viene inteso come “responsabilità politica”, non come un “mandato imperativo”, che peraltro nel nostro ordinamento è vietato.
Dunque, il M5S è cresciuto e assume delle strane sembianze. Da una parte, diviene più partito dei partiti che ha sempre combattuto. Dall’altra, introduce vincoli che ledono libertà garantite dalla Costituzione.
Alla fine, più che un codice etico, un codice e(re)tico.