Parto da una premessa: secondo me gli elettori di (centro)sinistra che non hanno ancora ceduto al M5S devono armarsi di pazienza e prepararsi a una lunga traversata nel deserto.
Sarà faticoso ma c’è un grande vantaggio: si può non essere diplomatici.
Oggi questi elettori sono sotto pressione: l’aggressività verbale dei M5S nei confronti di chi in queste ore si permette di dire che è meglio stare all’opposizione è molto forte, a mio avviso anche superiore ad altri momenti politicamente rilevanti di questi cinque anni.
Già vedo i soliti trucchi che ho imparato a conoscere molto bene e che fanno della pre-politica più che della politica: non sanno perdere, è una ripicca, sono invidiosi.
La campagna elettorale è finita. La pre-politica non deve dunque far paura. Oggi è il momento di piantare bandiere per terra e ricostruire le fondamenta. Ed è il momento del coraggio. Il coraggio di dire alcune cosine:
1. Nel 2013 il M5S umiliò Pier Luigi Bersani in diretta streaming. L’umiliazione fu lucida, fredda, totalmente noncurante dell’appello alla responsabilità che fu fatto allora per lo stesso motivo per cui oggi Di Maio lo fa al Pd. Fu fatto perché allora il M5S pensò solo a se stesso, pensò a capitalizzare quel momento, a costruire le condizioni per arrivare a un risultato elettorale come quello di oggi. Cinque anni fa si decise di non aiutare il Pd a mettere la destra all’opposizione in modo da poter lucrare nei cinque anni successivi parlando di inciucio (che ora è stato magicamente ribattezzato ‘dialogo’), di Pdmenoelle e altre riuscite trovate. Certe scelte non sono politicamente neutre: chi semina vento raccoglie tempesta. (Ironia della sorte: una componente di quella delegazione fu Roberta Lombardi. Sic transit gloria mundi)
2. Dopo sette anni di larghe intese, e sette anni di bombardamento mediatico per questa scelta, ora non si può dire ‘avete sbagliato sino a ora, continuate a sbagliare’. E a chi dice ‘non vi siete scandalizzati per il governo con Alfano, vi scandalizzate ora?’ va risposto: certo che gli elettori di sinistra si sono scandalizzati. Anzi: si sono proprio incazzati. Altrimenti non sarebbero rimasti così in pochi.
3. Dopo sette anni di accuse per i ‘governi non scelti dal popolo’, perché al PD viene chiesto di contribuire alla formazione di un governo non eletto dal popolo? Gli elettori hanno chiesto al Pd di stare all’opposizione (per usare un pallido eufemismo). Se si dice di voler rispettare la volontà popolare, lo si faccia fino in fondo. Lo si faccia anche quando si è a un passo dal potere. A meno che l’ambizione sia il potere per il potere, a qualsiasi costo. Ma questo, diciamo così, sarebbe poco coerente con la narrazione della nascita della Terza Repubblica, la repubblica dei cittadini.
4. A questo proposito: esisterebbe un governo teoricamente più coerente dal punto di vista politico: M5S e Lega potrebbero subito mettersi d’accordo su Europa (e sua eventuale uscita), abolizione della Legge Fornero, profonda revisione del jobs act, abolizione dell’obbligo vaccinale, blocco delle leggi anti-concorrenza (a partire dalla direttiva Bolkenstein), riforma costituzionale per impedire il cambio di gruppo parlamentare (in queste ore non ne parla più nessuno…) nazionalismo economico, no allo ius soli. Ci sono molti più punti di contatto tra M5S e Lega che tra M5S e Pd e chi dice di voler formare alleanze basate sui programmi dovrebbe tenerne conto. I parlamentari necessari a formare un governo del genere ci sono. Basterebbe che Di Maio e Salvini facessero entrambi un passo indietro, non dovrebbe essere difficile. In fondo si chiede responsabilità al PD per il bene del paese, non dovrebbe essere difficile mostrarsi responsabili in prima persona.
5. Ecologia della parola (1): non ci si allea con chi si dice né di destra né di sinistra.
6. Ecologia della parola (2): non ci si allea con chi per cinque anni ti dà del mafioso, corrotto, con le mani sporche di sangue, tangentaro, palazzinaro, amico delle lobby. Fare campagna elettorale così è molto facile. Ma ancora una volta, non è una scelta politicamente neutra.
Classe 1984, di Bari, responsabile nuovi media e consulente di comunicazione politica di Proforma. Collaboratore e blogger per Gruppo Espresso/Repubblica. Formatore (social media marketing e comunicazione politica).
Sig. Amenduni,
a me non risulta per niente che, a suo tempo, Bersani chiese un’alleanza ai pentastellati. Risulta, invece, che lo smacchiatore di giaguari voleva comandare in tutto e per tutto (scegliendosi presidente della camera, presidente del senato, presidente del consiglio e, dulcis in fundo, presidente della Repubblica) con i voti dei 5 stelle. Ma come si può sperare che una forza politica accetti queste condizioni, tenuto conte che, seppur messo all’opposizione dal voto era il primom partito in Italia? Che le intenzioni di Bersani non erano di allenza, lo dice lui stesso alla festa dell’unita. Cito testualmente:”Mica io volevo far l’alleanza con Grillo. Son mica matto”. Avessero votato Rodotà, come presidente della Repubblica, avrebbero avuto appoggio. Giusto per rinfrescarela memoria a qualcuno e a chiudere la bocca a chi la apre solo per dagli fiato.