In un Paese normale si parlerebbe solo di questo. E invece si parla di topi obesi incastrati nei tombini…
Rocco Greco, un imprenditore onesto che con coraggio ha rotto il muro dell’omertà e ha denunciato il pizzo si è suicidato.
Stritolato dalla burocrazia non ce l’ha fatta più e si è tolto la vita. Lo Stato gli ha impedito di lavorare.
Perché lo Stato, anziché aiutarlo, gli ha messo i bastoni fra le ruote. I mafiosi non c’erano riusciti a fermarlo. Ci è riuscito lo Stato, a cui lui, fiducioso, si era affidato.
Un vero e proprio tradimento.
Dopo aver denunciato e fatto arrestare 11 mafiosi che spadroneggiavano a Gela e dintorni, Rocco Greco era diventato un simbolo. Un esempio da seguire. Ed infatti altri, grazie al suo esempio, avevano denunciato, liberandosi dal giogo mafioso.
Lui ci ha messo la faccia e ha sfidato la mafia. Gesti che valgono più di mille conferenze o ipocrite celebrazioni delle vittime di mafia. Un uomo vero.
I mafiosi in galera, per ripicca, avevano attivato la macchina del fango, arrivando a denunciarlo per rapporti con la mafia. Quando non si hanno prove, si diffama. Un classico.
E i giudici lo sanno, tanto che Rocco Greco viene scagionato da questa infamante accusa in tutti i gradi di giudizio. Ma, a causa di questo procedimento assurdo, nei confronti di Rocco Greco era stata disposta l’interdittiva antimafia, che gli impediva di lavorare per la pubblica amministrazione.
Una volta prosciolto, il Ministero dell’Interno di Salvini non gli ha tolto l’interdittiva, e così Greco ha perso tutti gli appalti che aveva già vinto.
Ha dovuto licenziare i suoi 50 dipendenti e, con la morte già nel cuore, sentendosi tradito dallo Stato, si è sparato un colpo in testa. Una tragedia immane. E un messaggio devastante contro la lotta alla criminalità.
Chi avrà più il coraggio di denunciare il pizzo, di ribellarsi alla mafia?
Chi si fiderà più dello Stato e della sua protezione?
Rocco Greco è sopravvissuto alla mafia, ma non al Paese che l’ha tradito.